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Per amore di Dio o per amore dell’uomo?

Al catechismo ho imparato che bisogna amare il prossimo “per amore di Dio”. Nelle mie peregrinazioni, sono entrato nella pelle degli esclusi e ho mendicato. Mi sono reso conto, che la  mia mania di “FARE LA CARITA” è orribile. Agisco così perchè sono cristiano, “ricco” di virtù morali non perchè mi identifico con il mio simile? Non ho mai sentito fatto a me quello, che subivano i miei colleghi barboni. Ha ragione il Cristo quando sostiene: “Ogni cosa fatta al più piccolo dei miei fratelli è a Me che l’avrete fatta”? Cosa voleva dire con quel: “C’è più gioia nel dare che nel ricevere”?...
Il desiderio vitale di vivere da fratelli

(Parte Prima)

A otto anni tradisco l’amicizia di un compagno quando  scopro, che è un poveraccio. Io, il solo maschio tra cinque sorelle, sognavo di avere un fratello. Avevo scelto lui. Ma l’ho ripudiato, preso in giro, odiato. Mi terrorizza l’idea di assomigliargli. No, lui non può essere un mio simile.

Al catechismo capisco, che Caino non è un buon modello. Bisogna vedere tutti gli uomini come fratelli e, in particolare, imparare ad amare i poveri. E’ molto difficile, perchè, che cosa hanno di “amabile”?  Credo che solo i preti devono essere capaci di tanto eroismo. Dunque, mi farò prete.

Facendomi cappuccino, immagino di fare una vita da “commando” con dei fratelli: uniti nella stessa fede  condivideremo la vita dei poveri, prenderemo d’assalto la miseria. Intimidito dalla mia audace pretesa, per meritarmi il biglietto d’entrata nei loro ranghi, mi arruolo come spazzino volontario nella città di Reims (gli addetti erano in sciopero). Immagino che, in virtù del voto di obbedienza, i superiori mi spediranno nei luoghi più rischiosi per vivere/comunicare la buona novella.

Diventare fratello di Francesco è il mezzo per vincere la mia ripugnanza nell’assimilarmi al mio compagno. “Farmi” suo fratello: questa è la bussola che guiderà le mie scelte e spiega il mio girovagare. Di cui ecco una sintesi: condivido la vita di famiglie bisognose in una baraccopoli parigina; inserviente in un ospizio nel ghetto di New York; operaio a giornata a Chicago; 365 giorni mendicando per le strade degli Stati Uniti; un anno in una comunità Hippy; in Guatemala, “curato” tra gli indios Maya; un anno in una prigone boliviana; nella Nuova Guinea resto vittima della malaria. Esperienze più brevi: infermiere-capellano in un lebrosario di madre Teresa; marcia per la pace a piedi da Parigi a Betlemme; pellegrinaggio dalla Francia al Sinai; 5/6 digiuni da 20 a 39 giorni.

Nonostante i tentativi NON sono diventato più fraterno... Me ne rendo conto, arrampicandomi sul Sinai, il 2 gennaio 2001. Dopo 5.000 km a piedi mi sento felice e leggero. Salgo i 2.700 gradini per sbucare nel portico dell’entrata del sole. Mi fermo di botto. In una frazione di secondo i miei neuroni si connettono per far affiorare dall’inconscio una folla di gente. Li riconosco, posso chiamarli per nome: sono tutti quelli, di cui ho tradito le speranze, ferito la fiducia per le mie incostanze, infedeltà, egoismo. Li ho amati come persone con le quali ero tenuto a condividere la vita “PER CARITA’, cioè per amore di Dio”. Non li ho amati come miei simili.

Ho approfittato del mio ideale e vocazione per soddisfare bisogni e desideri personali? Ho affermato la mia indipendenza, manifestato il mio potere, arricchito le mie conoscenze, predicato, scritto libri a loro spese? Ho ingannato la loro speranza, strumentalizzando le soffereze per alimentare il mio ego? Ma allora non ho portato loro una  buona novella! Non mi sento fiero di oltrepassare la soglia della Montagna divina.

Ed ecco un’altra visione, un colpo al cuore: la cima della Montagna Santa si presenta ricoperta di stronzi... Provate ad immaginare che i pellegrini prendano l’abitudine di defecare sulla piazza s. Pietro o del santuario di Lourdes. Sarebbe uno scandalo tale da indurre a riflettere sulle ragioni/cause di questo comportamento.

Numerosi pellegrini si erano arrampicati sulla montagna nell’oscurità della mitica notte del 31 dicembre 2000 per vedere il sole del terzo millennio. Vacanzieri d’ogni genere avevano lasciato gli hotel di lusso del mar Rosso. Bisogno di uscire dalla consuetudine? Poco attraenti i veglioni e le discoteche? Il ricordo del film dei 10 comandamenti?

Quel mattino, il sole, nascosto nella bruma, è apparso quando tutti sono discesi. Sul campo rimanevano i loro escrementi e delusioni. Ho sotto gli occhi - in maniera simbolica, ma eloquente - il rimprovero che molti individui d’ogni razza, nazione, religione manifestano nei confronti di Dio o del sacro. Come una provocazione per le tre religioni che non avrebbero risposto all’attesa più vitale: essere amati e riconosciuti come fratelli e sorelle dai propri simili.

Quello che i fottuti  rimproverano a me, una folla lo rimprovera al Dio del Sinai, o, forse, ai suoi fedeli?

Ho fatto 5.000 km a piedi per scoprire questo orrore. Impossibile non riflettere. Lungi dal scandalizzarmi, la sfida  mi pare stimolante. La sento in consonanza con le mie  collere e critiche rivolte alla religione. Hanno ragione di provocarci! Sì, sulla cerniera del millennio, questi anonimi ci ricordano di essere nella cacca. Aspettano una Buona Novella. Cosa abbiamo da offrire loro? Capire questo, forse, è capire meglio perché le nostre chiese sono sempre più deserte.

Questo appello mi riguarda, interpella la mia difficoltà di vivere da fratello per “annunciare la Buona novella”. Non ne abusiamo, utilizzandola a torto ed a ragione dando origine a molte ambiguità?