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Parte seconda

Proseguendo il suo percorso alla ricerca di Dio/nel/povero, p. Benoit si chiede: “Ma noi cristiani adoriamo il Dio Vivente o un idolo?”

La resurrezione di Cristo è una buona novella per la Maddalena, gli apostoli, i pagani. Ma per i cristiani di oggi questo evento vecchio di 2.000 anni, non ha più la freschezza di allora? Eppure è il cuore della fede, che dovrebbe spingerci a spandere miliardi di Buone Novelle. “Guarire i cuori feriti, annunciare agli schiavi l’amnistia, ai prigionieri la libertà”:  non è questa la missione della Chiesa? Più che una missione, una necessità. Come non mai, l’umanità vive uno smarrimento esistenziale. Ha perso i suoi riferimenti. Le religioni sono sempre più impotenti a dare una risposta a domande angoscianti: “Chi sono? Da dove vengo? Dove vado?”.

Da un lato il “sociale” sembra diventare l’espressione più appariscente della “Carità”, come se la Chiesa fosse una qualunque ONG sovra-nazionale. Dall’altro lato la sua Missione pare  tradursi nell’ “Annunciate dappertutto la Chiesa cattolica e acclamate il suo Papa”.

Per rispondere all’appello di Cristo mi sono sforzato di condividere la vita con i più fottuti. Con il passare degli anni ho constatato, che il suo messaggio non è così semplice come parrebbe. Malgrado la mia buona volontà, ogni giorno mi sono reso conto, che era impraticabile. Impraticabile... eppure l’unico necessario! Certo la mia incorreggibile indipendenza, per un verso, era responsabile del mio fallimento. Ma se mi fossi chiuso in convento il risultato sarebbe stato migliore?

Per rispondere a questa domanda nel 1984 ho visitato a piedi i 17 conventi della provincia parigina. Ero pronto a rientrare e vivere l’ideale francescano tra i miei fratelli, se avessi avvertito che eravamo lanciati nella stessa ricerca. Avevo fatto stampare sul maglione la mia ossessione: “Vi porto una buona novella”. Lo so, avrei dovuto scrivere: “Fratelli miei, insegnatemi a vivere la buona novella che vi anima. Parlatemi di tutte quelle che diffondete!”. Mi sapevo talmente lontano da

Dio, incapace di essere il suo testimone... Speravo di avere un’illuminazione, che confermasse la mia vocazione, mi reinserisse tra i miei fratelli, mi facesse intravedere il mio vero io. Verso la fine della escursione, camminando lungo la Loira, tra Tours e Blois, all’improvviso mi fermo, pietrificato, mentre una voce sussurra: “Dio? Dio è agli antipodi di colui che gli uomini adorano! Dio è... il Tutt’-Altro. Lui, Tutto, noi, niente. Il niente-del-Tutto. Abbiamo un gran da fare a cercarlo. E’ introvabile. Come i poli che non si toccano mai. Questo Dio, per noi, è totalmente inutile, perchè non ha più niente!”.

In quel momento ho visto la ragione dei miei fallimenti.  Fino ad oggi ho considerato il buon Dio come una ruota di scorta, un giocoliere, un distributore automatico di grazie e favori. Questo Dio è Dio?  O assomiglia stranamente a un idolo, che Cristo ha smontato, indicando al giovane ricco il cammino per scoprire Dio: lo spogliamento radicale di sè?

Non avevo mai meditato a fondo le ultime parole del Figlio dell’Uomo: “Mio Dio, mio Dio perché mi hai abbandonato?”.

Dio si è reso totalmente inutile, dandoci l’impressione di averci “abbandonato”, perché ha dato a noi tutto quello che aveva! Assenza vertiginosa per aprirci alla nostra piena libertà. L’unica possibilità di incontrarLo è di incarnarsi – spogli – nella pelle di tutti i crocifissi.

Questo nuovo sguardo di fede non ha mai smesso di occupare i miei penseri e orientare le mie scelte.

Per mettere in pratica la mia scoperta, sono partito per il Guatemala, mentre si consumava un orribile genocidio. Vescovo, preti, religiosi della diocesi del Quiché avevano dovuto fuggire con l’accusa di essere comunisti. Poco a poco i preti sono tornati e dopo 4 anni anche il vescovo, il quale m’ha messo alla porta. Il suo piano pastorale mi sconvolgeva. Non ero andato là per essere un curato, ma per condividere la vita con gli indigeni perseguitati e mettere il sacerdozio al loro servizio. Essi hanno subito il peso della persecuzione e, da soli, hanno tenuta viva la Chiesa a prezzo di sangue. Sul mio territorio 33 catechisti sono stati torturati, assassinati, crocifissi. Ora, nella nuova organizzazione della diocesi, essi non hanno nessun ruolo, se non come subalterni. Questo sarebbe essere fratelli “in Cristo”?

In quest’epoca è apparso Il catechismo universale della Chiesa cattolica. I francesi l’hanno accolto, svaligiando le librerie. Un milione di copie. Non è la prova del bisogno di rianimare la propria vita spirituale? Come la gente del Sinai, forse, avevano sete di rinnovarsi con un mistero, di cui avvertono confusamente, inconsciamente la necessità. Senza dubbio – sognavano – il catechismo li avrebbe illuminati, permettendo loro di scoprire il cuore del messaggio evangelico: “Beati voi, i poveri... se non amate i vostri nemici...”.

Si è constatato una ripresa della fede in Francia? Oppure le 660 pagine, i 2865 articoli sono stati l’ultima tappa verso la scristianizzazione del paese, in un disincanto muto e rassegnato?

Ma la ricerca del Dio Vivente deve procedere...