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L'OLOCAUSTO DEGLI 'EMPOBRECIDOS' - Lettere di un italiano parroco in Brasile (1983-1985)

Presentazione di Mons. Pedro Casaldàliga

IL CORAGGIO DI LEGGERE QUESTO LIBRO

Una sfida lanciata a chi ha ancora un resto di coscienza. Non è necessario ricorrere alla fede cristiana per vedere l'uomo che, sfruttato, emerge da queste pagine commoventi. È sufficiente sentirsi esseri umani. Con questa fede, la visione dell'uomo - nel Maranhão come nel Nordeste brasiliano, nell'America Centrale, in Etiopia, in tutto il terzo mondo - diventa una questione vitale: accettare il Cristo o negarlo. «Ecce homo»: avevo fame, ero spogliato di ogni diritto, ero colonizzato, ero impoverito e tu non ti sei neppure degnato di guardarmi.

Queste lettere riflettono la vita reale, il diario di un parroco dato in prestito al Brasile dalla nostra Europa - «occidentale e cristiana» -, testimonianza di una pastorale incarnata. Fausto Marinetti profetizza. Dalla frontiera del Maranhão. Chi ha orecchi e cuore di carne, ascolti e reagisca.

Il libro ferisce e trasforma. Potrebbe trasformare. Dovrebbe trasformare. Fausto, oltre tutto, è poeta. Su tanta miseria - raccolta come impasto di pianto, sudore e sangue per una sempre possibile fermentazione evangelica - egli spande un soffio di tenerezza. Scrive con le mani «unte» dal santo olio, come un buon pastore. Per essere sincero, ho i miei dubbi sul risultato della lettura del tuo libro, fratello mio. Qualche tempo fa un cardinale europeo (durante un momento critico del processo contro la nostra teologia e la nostra pastorale) diceva che in Europa tutti, cardinali compresi, si stanno abituando a vedere sui teleschermi le immagini crocifisse del terzo mondo. Passata l'immagine, svanisce la compassione. Non sempre, ma quasi sempre, Fausto, quasi sempre...

Fa male al cuore anche a me - europeo, cristiano e vescovo, ora qui nel terzo mondo - constatare quante difficoltà si oppongano alla teologia della liberazione,  come non sia facile rifiutare il debito estero in quanto iniquo e già pagato con interessi di sangue, e appartenere «umanamente» al mondo, né terzo né secondo e neppure primo, ma semplicemente «umano», il nostro mondo, la «terra di Dio», che dovrebbe essere «terra di fratelli». I poveri non colonizzano, né pretendono colonizzare. Ci terrebbero ad aiutare a decolonizzare il mondo! Né colonizzatori, né colonizzati. A loro, le vittime dell'olocausto del lucro e dell'etnocentrismo, piacerebbe vivere umanamente e poter vedere degli esseri umani in tutti i loro possibili colonizzatori, di ieri e di oggi, militari o ecclesiastici, politici o intellettuali. E Fausto lo sa bene. Convivere con i «poveri» aiuta a liberarsi. A condizione che si viva evangelicamente la loro povertà e si lotti con loro, profeticamente, contro la miseria. Nonostante i miei dubbi sul mondo occidentale e sulla sua conversione sociale, sono del parere che ci saranno europei, ecclesiastici compresi, che accoglieranno questo libro - il clamore dei poveri - come un quaresimale, un invito alla conversione della persona e delle strutture.

Fratelli che state sull'altra sponda, abbiate il coraggio di leggere questo libro. Coniugate le vostre Bibbie immacolate con queste pagine insanguinate. E reagite. Secondo la misura del vostro cuore umano e cristiano. « Ti benedico, Padre, Signore del Cielo e della Terra, perché hai nascosto queste cose ai grandi, ai saggi, a coloro che dicono sempre “Sissignore” e le hai rivelate ai piccoli, ai liberi, ai ribelli: a coloro che coltivano la speranza di vedere il tuo Regno realizzarsi progressivamente, già qui nel Maranhão di Fausto e in tutto il mondo dei poveri».

Pedro Casaldaliga

Vescovo di São Félix do Araguaia Mato Grosso (Brasile)

Goiânia, 19 gennaio 1986

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