PDF Imprimir

I DANNATI DELL'ORO

Serra Pelada

I contadini del nordest brasiliano affollano le miniere a cielo aperto (garimpo). L’«Eldorado» più leggendario, la Serra Pelada (montagna nuda, nello stato del Parà). Un cratere, una moltitudine di disperati, molte leggende. Sembra il Vesuvio. Per formare il vulcano ci sono voluti millenni; qui pochi anni per ottenere, a mano, un buco enorme: il «buco dell'oro».

Più di ven­timila le talpe umane. Scavano, in­saccano, trasportano, triturano, setacciano. Walter, un veterano, ieri coltivava i campi, oggi sogni di pepite. «Per ora ci accontentiamo del­le briciole; quando metteremo le mani sul filone centrale molti perderanno la testa a furia di contare denaro. Qui si impara a sognare con l'oro».

La storia della miniera risale agli anni Ottanta, quando la figlia di Zezinho vi­de luccicare qualche cosa nel torrente. In un batter d'occhio la fazenda di Genésio Ferrei­ra da Silva fu presa d'assalto. In aprile 500 ga­rimpeiros, in maggio ventimila, in estate cen­tomila. Nato come «garimpo de Deus» («si era una grande famiglia»), è diventato la «Serra do martírio»: furti e omicidi. L'oro si è sporcato di sangue, molto sangue.

Il Maggiore Curió, inviato dal go­verno, ha tentato di mettere ordine con un regime militaresco: alzabandiera, in­no nazionale; proibito l’alcool; interdetto l'accesso alle donne ed a chi non ha un documento speciale. Poi venne il «Sindacato dos garimpeiros», che è tra i più forti del paese. È riuscito a far ritirare il decreto presiden­ziale, che ordinava la fine del lavoro manuale (trop­po pericoloso) e la consegna della miniera ad imprese (ed interessi privati) per sfruttarla con le macchine. Che ne sarebbe stato di un milione di persone, che ruotavano attorno al garimpo e dei contadini derubati delle loro terre, cui non era rimasta altra speranza se non “coltivare” questo terríccio miracoloso? Erano gli anni della terribile siccità, che fla­gellava uomini ed animali, prosciugava pozzi, dis­seccava gli ultimi semi di speranza. Da disperati a garimpeiros, pronti a tutto pur di sopravvivere.

Il veterano continua: «Non c'è nulla, che si possa paragonare alla vita del garimpo». Gli altoparlanti della Central das comu­nicaçoes lo confermano: «Serra Pelada, Cen­tro del mondo, paradiso dell'oro! Oggi, cielo sereno, tutto il garimpo è agibile».

Un campo di battaglia o un for­micaio umano? Alle cinque del mattino l’alveare è un brulichio di puntini neri, che vanno e vengono, su e giù per interminabili scale, ognu­no col suo carico prezioso. Dorso nudo. Sudore e fango mescolati. I1 sacco delle illusioni grondante fango sulle spalle.

«Qui trovi ogni classe sociale. Da noi ci sono tre tipi di uomini: 1) i proprietari del barranco (un lotto di sei metri quadri assegnato per sorteggio dal sindaca­to) sono circa diecimila; 2 ) fornecedores: soci che forniscono cibo, ma­teriale, manodopera, in cambio di una percentuale sull'oro; 3 ) saqueiros ou formigas: coloro che portano il sacco dal fondo del buco e lavorano alla giornata.C'è chi fa qua­ranta viaggi al giorno con 30-50 chili sulle spalle, trenta chilometri, metà in salita, metà in discesa. La paga è un tanto al viaggio e varia, secondo il tipo di cascalho (materiale ricco o po­vero), da tre a cinque cruzeiros (un chilo di riso ne co­sta 5).

I nostri uomini si dividono in bamburrados (fortunati) e blefados (beffati). Chi arricchisce di colpo, diventa matto. Macchine, aereo, alcool e donne. Un fortunato è capace di spendere, in una notte, cento milioni di cruzeiros. Requisisce il cabaré, ordina a quelle donne di svestirsi; le fa innaffiare di birra e poi le ricopre di banconote da centomila. I1 gioco è prendere i soldi con la bocca, le mani legate dietro la schiena. Un Tizio che vendeva la merenda, guadagnò 480 chili di oro. Si è sentito male. I1 cuore quasi gli scoppia. E poi ci sono quelli usciti di qui con la borsa piena di soldi e non sono mai arrivati a casa...».

Dappertutto c’è gente china su una pozza d'acqua, bateia alla mano (piatto concavo di ferro): ci mette una manciata di materiale e la fa ruotare aggiungendo acqua. I1 fango se ne va e la polvere d'oro, più pesante, si deposita sul fondo. Si sono estratti 31.500 chili di oro. «E siamo alle briciole …».

Il 50% dei proprietari intasca l'80% dell'oro. A che prezzo? Tu­bercolosi, malaria, polmonite delle formiche, che non hanno nessun diritto, né libretto di lavoro, né pre­videnza sociale, né contratto». Eppure il conta­dino senza terra, preferisce morire nel buco dell'oro, che in quello della miseria nei campi.

Walter si accalora: «Duecento barrancos daranno da dieci a venti tonnellate di oro ciascuno. L'oro ha le sue tracce: scisti bianchicci; si appog­gia sul minerale più debole. C'è un mistero in que­sto oro. Setacci, setacci e non finisce mai. Si appic­cica perfino alle suole delle scarpe».

Molti sognano ad occhi aperti mentre il brulichio continua a fermentare come il mosto nel tino: una fila va, una fila viene; una sale, l'altra scende. «E l'oro non finisce mai...».

L'80% delle formiche sono ex-contadini del Ma­ranhào. Espulsi dalle loro terre, sono approdati su questa zattera come naufraghi. E la ten­gono stretta a costo di morire, perché non hanno più nulla da perdere. Come è successo la settimana scorsa. Un garimpeiro è stato freddato, perché sca­vava in un'area interdetta. Ne è nato un putiferio. La polizia armata di mitra, loro di pietre, ha dovuto desistere per evitare un macello. In un giorno qui si guadagna quello che si guadagnerebbe in un mese nei campi. «Que­sta gente è stata troppo illusa ed umiliata. Li hanno presi per il naso con una Riforma Agraria fantasma. Han dato loro un pezzetto di terra dove neanche gli animali selvatici sopravvivono. Ecco perché è scoppiata la loro collera incontenibile. Bi­lancio? Due morti e la sede della polizia rasa al suo­lo. I poliziotti hanno dovuto darsela a gambe in mu­tande per non essere riconosciuti, altrimenti li a­vrebbero linciati. Questa gente non la ferma più nessuno. Va fino in fondo, anche quando vuol dire morire. Dopo tutto che differenza fa morire di fame o con una pallottola nella testa? ».

Poi sono arrivate le famiglie: 63.000 persone. Una città da far-west dove non manca neppure la chiesetta, sempre aperta per volontà dei garim­peiros. Fratel Abel, ogni sera, intona il rosario. Il sangue dei morti è ancora tiepido.

Su una parete è rimasto il ricordo innocente della festa del papà: un disegno con la scritta «Papà, tu vali più di tutto l'oro del mondo!».